L’amico Giovanni Mocchiutti, classe 1923, è sposato dal 1952 con Irma Pasut e con lei ha avuto due figli, oggi felicemente sposati. Giovanni partì nel febbraio del 1943 per il servizio di leva nella marina con destinazione Venezia; qui fu vestito da marinaio e imbarcato per La Spezia, dove frequentò un corso di armatore da cannonieri. Concluso il corso dopo tre mesi e considerato fra i più preparati, venne trasferito all'Accademia Navale di Livorno come istruttore. Da qui partì per Ancona per una missione molto pericolosa: venne incaricato di trasportare con una motozattera del materiale esplosivo fino a Messina; durante il tragitto ben due aerei alleati aprirono il fuoco, ma Giovanni e un suo commilitone risposero al fuoco con una mitragliatrice antiaerea abbattendo uno dei due aeroplani. Giovanni rimase illeso dall'attacco, ma il suo amico venne ferito ad un braccio e fu così trasportato prontamente all'ospedale, assieme al pilota inglese fatto loro prigioniero. Dopo quell'episodio fu inviato alla capitaneria di porto di Palermo; nel maggio del 1943 fece ritorno a Livorno e vi rimase fino all’8 di settembre. Catturato dai tedeschi e deportato a Danzica, in Polonia, gli vennero affidate mansioni di collaudatore navale; fra i collaudatori oltre a lui vi erano due polacchi e tre italiani. Ogni giorno questo gruppo di uomini doveva percorrere 30 Km a piedi dal campo di concentramento al cantiere navale, sempre sotto la minaccia di essere frustato; è in tali circostanze che il nostro Giovanni si ridusse a pesare solo 35 chili. Il gruppo decise un giorno di boicottare i cannoni che loro stessi dovevano collaudare, ma i tedeschi li scoprirono; i due prigionieri polacchi vennero fucilati e Giovanni fu inviato a Buckenwald, non prima di ricevere il terribile incarico di portare alcuni prigionieri vivi nei forni crematori. La sua permanenza in questo inferno durò fino l’ottobre del 1944, poi arrivarono i Russi. Sotto i loro ordini Giovanni dovette occuparsi del carico delle katiuscie, cioè dei lanciarazzi mobili. Durante questo periodo i tedeschi distrussero il ponte sulla Wistola e Giovanni si impegnò per la ricostruzione del ponte. Dopo la presa di Berlino e la fine della guerra, nel 1946 il nostro amico rientrò in Italia con una tradotta; la marina, però, non gli riconobbe i trascorsi di prigionia, così dovette completare il servizio di leva per altri 6 mesi, anche se inizialmente gli erano stati assegnali ben 28 mesi. Alla fine di questo lungo calvario poté ritornare definitivamente a casa Nel 1950 dal Ministero della Difesa di allora gli fu conferita la Croce al Merito.


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