Pietro Marchisio è nato a Torino, da genitori piemontesi, il 6 novembre 1918; il suo servizio militare iniziò il 13 gennaio 1940 alla Scuola Allievi Ufficiali di complemento di Artiglieria Alpina a Bra, in provincia di Cuneo. Promosso Sottotenente ed assegnato al 3° Reggimento Artiglieria Alpina Divisione "Mia", di stanza in Albania, sbarcò a Durazzo il 19 agosto 1940. L'intera Divisione si stava spostando in quel periodo, naturalmente a piedi, dal confine jugoslavo a quello greco. Raggiunse il Reggimento mentre faceva tappa a Libras e venne destinato al R.M.V. del Gruppo Conegliano comandato, allora, dal Magg. Rossotto. Da questa data, e fino al rientro dal fronte russo dei reduci della Divisione, rimase alle dipendenze del Rossotto, promosso nel frattempo Ten. Colonnello. Successivamente, e fino all'8 settembre 1943, col grado di Tenente,  continuò a svolgere le funzioni di Aiutante Maggiore sotto il comando di Baldizzone (subentrato al Ten. Col. Rossotto) che lasciò il Gruppo Conegliano dopo 6 anni di comando, essendo stato assegnato all'Ispettorato Truppe Alpine, con sede a Trento. Dal Reparto Munizioni e Viveri, comandato dal Ten. Bonassin, caduto eroicamente sul fronte greco, fu trasferito alla 13ª batteria, comandata dal Ten. D'Amico e successivamente, al termine della guerra con la Grecia, al Comando Gruppo, dove ebbe l'incarico di aiutante maggiore dopo il ferimento sul fronte russo del Ten. Risso. Rientrato dalla Grecia con il Reggimento dovette ripartire pochi mesi dopo, il 13 agosto 1942, per il fronte russo col grado di Tenente; rientrò in Italia con i pochi superstiti della Divisione Julia il 18 marzo 1943 e rimase in servizio, sempre al Gruppo Conegliano, fino alla data dell'armistizio. In linguaggio freddamente burocratico questo è il curriculum del nostro Pietro, il quale però ha voluto inviarci un documento nel quale ricorda gli anni dolorosi, cruenti e drammatici che hanno investito la sua vita e quella di tanti giovani che hanno subito la guerra.

“ la seconda guerra mondiale, nella quale i soldati italiani, ed in particolare gli Alpini, sono stati valorosi protagonisti con un immenso olocausto in vite umane. Partii per raggiungere in Albania il Reggimento quando non avevo ancora compiuto 22 anni e dopo tre mesi (28 ottobre 1940) mi trovai a combattere in guerra contro i Greci. Era inverno e combattere in montagna contro il gelo, la neve e la fame, e con gli organici che diminuivano ogni giorno per morti, feriti, congelati e dispersi e contro un esercito greco imbaldanzito per i successi ottenuti, ben equipaggiato e con alle spalle il proprio Paese, era diventata un'impresa disperata. Finì come noi tutti reduci sappiamo, ma non avrei mai potuto pensare che altri e più gravi lutti il destino avrebbe riservato agli Alpini della Julia durante il rientro in Italia, via mare, della Divisione. Era il 28 marzo 1942, era notte e pioveva quando la nave Galilea, che affiancava quella sulla quale era imbarcato il Gruppo Conegliano, venne silurata da un sommergibile inglese. La scena di quella notte infernale è indescrivibile. Gli artiglieri indossarono le cinture di salvataggio. Riuniti sul ponte sotto una pioggia battente pregavano. Lo scoppio delle bombe di profondità lanciate dalle navi da guerra di scorta al convoglio si ripercuoteva contro la chiglia delle navi, aumentando la paura del siluramento. Oltre mille furono gli Alpini del Battaglione Gemona e dell'Ospedale da campo che morirono affogati. Il convoglio giunse finalmente a Bari, senza altri pericoli, il giorno successivo alla partenza. Ma la guerra non era finita e la Mia, con altre due Divisioni Alpine, partì per il fronte russo. Il sottoscritto, e tutti i superstiti del fronte greco, anziché subire un avvicendamento, salirono sulla tradotta che il 13 agosto 1942 partì da Gorizia per il fronte russo. Il viaggio in treno terminò il 22 agosto alla stazione di Isjum, il giorno successivo gli artiglieri che avevano trascorso la notte sulla tradotta scesero e scaricarono i materiali ed i muli. Ripartimmo a piedi dopo qualche giorno per raggiungere, dopo aver camminato per oltre 250 Km., le postazioni che erano state assegnate sul Don al Corpo d'Armata Alpino. Pioggia, sole e fango furono la costante della nostra incomprensibile passeggiata, perché la ferrovia arrivava fino nei pressi del Don. Anche sul fronte russo la Julia fu protagonista di un'altra epopea leggendaria. Ancora sangue e morti, tante giovani vite stroncate, tante inenarrabili fatiche e sofferenze. Chi sopravvisse all'accerchiamento può considerarsi fortunato, perché il peggio toccò ai prigionieri. Al rientro in Italia, e dopo un periodo trascorso in campo contumaciale., fruii anch'io, come tutti i reduci, di un mese di licenza. Dopo un periodo dedicato alla ricostituzione dei reparti con l'inserimento di nuove leve e di nuovi materiali e muli, il Gruppo Conegliano prese posizione sul Carso a difesa da possibili attacchi dei partigiani jugoslavi. Dopo quasi quattro anni di servizio militare ininterrotto, ritornai borghese l'8 settembre 1943, come conseguenza dell'armistizio”.


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