Danilo Darbo, classe 1912, dal 1933 é sposato con Maria Bisaro e dal matrimonio é nata la figlia Ennia. Nello stesso anno prestò servizio militare nell'8° Alpini al Battaglione Tolmezzo a Tolmezzo e poi a Udine e si congedò alla fine del 1934. Nel 1935 per carenza di lavoro si arruolò volontario e partì per 1'Africa orientale e prestò servizio nei Battaglioni ''Diamanti nella milizia volontaria”; Nel febbraio dello stesso anno prese parte alla conquista del Uork Amba (Ambadoro). Due anni dopo si congedò e si stabilì ad Asmara in Eritrea. Nel dicembre del 1939 rimpatriò e poco dopo fu  richiamato e inviato al confine jugoslavo. Nel 1941 fu trasferito prima a Tarcento, poi a Gemona del Friuli e infine a Plezzo dove combatté contro i partigiani jugoslavi sino al 1943. L'8 settembre dello stesso anno ebbe l'incarico di portare venti alpini a Pulfero e poi rientrò a Udine per un'altra missione che non ebbe mai luogo. Sì congedò alla fine della guerra con il grado di Caporale. Andato in congedo si iscrisse subito all'A.N.A. sezionale di Pordenone. Divenne anche Capogruppo del Gruppo PN Centro senza mai abbandonare la voglia di lavorare nonostante l'età. Il 27 febbraio 2004 il nostro Danilo è andato avanti.


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“Quando mi è stato rivolto l'invito di partecipare al numero speciale di agosto dedicato alle donne degli Alpini, non ho avuto esitazioni sull'argomento di cui avrei parlato, bensì se sarei stata all'altezza di esprimere quello che sento nel cuore. Devo cominciare dal 1942/43, quando la memoria mi ricorda un Alpino che ogni tanto arrivava a casa, magari per poche ore per salutare i suoi cari, e non sempre con il permesso. Poi la tristezza del distacco ed il timore delle incognite della guerra. Una volta, il 7 settembre era per i pordenonesi l'occasione di uscire la sera per l'illuminazione della Madonna delle Grazie ed è qui, in piazza Cavour, che lo incontriamo, dove arrivava dalla stazione, armato di mitra e bombe a mano in cintura. Aveva accompagnato degli Alpini da Plezzo a Udine e come poteva rientrare senza scappare un momento a Pordenone? La gente lo fermava per chiedergli se era al corrente di quanto stava accadendo. Ignaro, il giorno dopo tenta di rientrare al reparto, ma ad Udine trova tutti i corpi in fuga. Gli dicono che i ponti per la Carnia sono saltati e che ognuno cerchi la via più breve per casa. Poi la pace, anni di miseria, difficoltà di trovare lavoro, poi la ricostruzione, ogni tanto qualche saluto che arriva da ex commilitoni. Per un bel po' di anni non ho più avuto modo di vedere in giro un cappello alpino, ma con la nascita di Piancavallo, i reduci delle penne nere, ho cominciato a seguire da vicino il mio alpino. La settimana prima del raduno era tutta un’iniziativa: segare l'erba del prato per favorire l'inserimento delle tende o il parcheggio di chi volesse trovare spazio. La taverna della casetta veniva adibita al ritrovo festoso per qualche bevuta e rifugio in caso di pioggia per chiunque si trovasse nei paraggi. I ragazzi avevano l'incarico di preparare le bandierine per segnare i percorsi, e ancora oggi, sposati e non, ricordano con affetto quell’amor di Patria che il nostro Alpino è riuscito a trasmettere loro. Gli anni trascorrono inesorabili, ma l'entusiasmo e lo spirito di corpo rimangono inalterati, preferibilmente da gregario lui dedica i suoi anni da pensionato alla vita della "sua" Sezione. Senza ricercare plausi o consensi, qualsiasi iniziativa dedicata all'amicizia e all'altruismo lo trovano sempre disponibile, con la modestia delle sue capacità perché non dimentico mai che è un buono, un mite, un onesto con la dignità di un Alpino. Quante volte dopo qualche divergenza o discussione nell'ambito del Gruppo l'ho sentito dire: "Basta non faccio più niente, questa è l'ultima volta!" Ma poi le acque si acquietavano e l'amicizia aveva il sopravvento e chissà se ci sarà un giorno che veramente non si dedicherà più alle attività della Sezione. Io non ci credo. Ebbene, Signore carissime e stimatissimi Alpini, sono arrivato alla fine della mia presentazione; è con un nodo alla gola che mi permetto di confidarvi che questo modesto Alpino che forse io sopravvaluto, ma di questo mi dovete perdonare perché questo Alpino "è mio padre".